Lo scorso 19 novembre il prof. Ludovico Abenavoli, Associato di Gastroenterologia presso l'Università degli Studi "Magna Graecia" di Catanzaro, ha tenuto una conferenza sul tema “La dieta mediterranea: tra stile di vita, prevenzione e salute” organizzata dalla prof.ssa Antonella Ferragina, a cui hanno partecipato alunni delle quarte classi. Qui di seguito una sintesi del suo intervento.
Negli ultimi anni è andato progressivamente aumentando l’interesse medico e scientifico nei confronti della steatosi epatica non alcolica, il cui acronimo inglese è NAFLD (non-alcoholic fatty liver disease). Questa patologia più comunemente conosciuta con il nome di “fegato grasso”, è una condizione caratterizzata dall’accumulo di grasso nelle cellule del fegato. Si tratta di una malattia molto diffusa in Italia, che interessa il 25-30% della popolazione, quindi una persona su quattro. Sovrappeso corporeo, sedentarietà, cibi ricchi di grassi idrogenati e zuccheri raffinati, sono in questo caso i killer silenziosi del fegato. Infatti il diabete mellito, l’ipertensione arteriosa e l’aumento dei lipidi nel sangue, si associano al “fegato grasso”, determinando un quadro chiamato sindrome metabolica. La steatosi epatica non alcolica è una patologia che non solo costituisce una base su cui può insorgere una patologia avanzata di fegato, ma soprattutto predispone l’individuo allo sviluppo di altre patologie croniche.
Numerosi sono i fattori di rischio che portano allo sviluppo della steatosi epatica e che sono in grado di condizionarne l’evoluzione e la gravità. Per prima cosa bisogna porre attenzione allo stile di vita ed in particolare alla sedentarietà e ad una dieta caratterizzata dai cosiddetti “junk food” o “cibo spazzatura”. L’età sopra i 50 anni, il sesso maschile, l’obesità addominale e come recentemente descritto anche una predisposizione genetica, sono tutti fattori in grado di condizionare l’evoluzione della malattia epatica verso le sue forme avanzate e severe.
La Calabria è una delle regioni più in sovrappeso d’Italia, con un aumento del peso corporeo già in età pediatrica, che ne fanno la seconda regione dopo la Campania per numero di bambini obesi. Dati allarmanti che di fatto hanno oggi ed avranno ancora di più nei prossimi anni, pesanti ripercussioni sullo stato di salute della popolazione della nostra regione. In quest’ottica è necessario potenziare le campagne di informazione rivolte ai più giovani sull’importanza della dieta e degli stili di vita, ma anche mettere in atto campagne di screening su ampia scala, al fine di avviare una seria politica di prevenzione.
Oggi tutte le linee guida internazionali, concordano sul fatto che la prima linea terapeutica è rappresentata dalle modifiche dello stile di vita. Una quotidiana attività aerobica, associata ad una dieta equilibrata, come ad esempio un regime alimentare di tipo Mediterraneo, sono in grado di determinare un miglioramento della steatosi epatica, specie nelle sue forme iniziali. Inoltre la dieta tipica delle nostre tradizioni alimentari è in grado di riequilibrare anche la nostra flora batterica intestinale, spesso sofferente a causa di alimentazioni sbagliate, un insieme di batteri che con la loro azione contribuiscono a molte funzioni vitali, tra cui la digestione degli alimenti e l’assorbimento delle sostanze nutritive.
La perdita di peso, soprattutto del grasso addominale, costituisce un requisito essenziale nel trattamento della steatosi epatica non alcolica. Negli ultimi anni è stata studiata l’efficacia di numerosi farmaci nel migliorare il quadro di “fegato grasso”. Tuttavia i risultati non sono stati sempre soddisfacenti e univoci. Attualmente sono allo studio numerose molecole, alcune delle quali hanno fornito dati preliminari promettenti.